jeudi 25 avril 2024

Due stanze

L'original français de ce billet (Deux chambres), qui raconte comment j'ai eu l'intuition d'établir un lien entre Vincent Van Gogh et Anne Frank par le truchement de Léonard de Vinci, a été publié sur ce blog le lundi 29 août 2016, au retour d'un voyage à Amsterdam en compagnie de ma femme et de notre fils.

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[Post cominciato il 22 aprile e pubblicato il 25 aprile 2024, Festa della Liberazione in Italia]

Ovvero come ho intuito una connessione tra Vincent Van Gogh e Anna Frank tramite Leonardo da Vinci...

Premessa

L'altro ieri il caso ha voluto che spiegassi il mio post, scritto 8 anni fa, ad una amica. Ieri lo stesso caso ha voluto che scoprissi un libretto su Van Gogh, dove si accenna alla lettera che Vincent scrisse da Arles a Paul Gauguin, il 17 ottobre 1888, e nella quale disegnava uno schizzo del quadro appena dipinto, La stanza di Vincent ad Arles, spiegando quali fossero le sue intenzioni nel ritrarre la sua camera della leggendaria Casa Gialla. Vi propongo quindi una traduzione libera del post originale scritto in data 29 agosto 2016.

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Il ricordo eccezionale che conservo di Amsterdam è quello di due stanze, apparentemente agli antipodi, ma che sono comunque unite nella mia mente: la stanza dipinta di Vincent Van Gogh ad Arles, e la stanza decorata da Anna Frank al 263 Prinsengracht.


Anche se tutto sembra separarle, tanto dai colori che da quello che rappresentano e da come si presentano, in realtà nella mia mente sono le due stesse parti di un dialogo continuo. È difficile da spiegare, ma tenterò.

1. La stanza di Vincent ad Arles

Il quadro esposto al Museo Van Gogh di Amsterdam è la versione originale di questo dipinto ad olio. Su richiesta di suo fratello Théo, Vincent dipingerà altre due versioni di “La camera da letto”, la seconda si trova all'Art Institute of Chicago (esiste anche in affitto una replica identica della camera da letto ricostruita, tramite il sito Airbnb!), e la terza al Museo d'Orsay.

Si tratta della camera che occupò nel 1888, in piazza Lamartine ad Arles, nella Casa Gialla:


Immaginate per un attimo di penetrare nella stanza dalla finestra e di scoprirne l'interno:


Lasciamo però lo stesso Vincent Van Gogh descrivere questa camera con le proprie parole e con uno schizzo che troviamo in una sua lettera a Paul Gauguin:


“Ho fatto […] un quadro della mia stanza, con i mobili in legno bianco come lei sa. Ebbene mi è piaciuta molto l’idea di dipingere un interno con quasi niente dentro, di una semplicità alla Seurat. 
(Con) le pareti di un lilla chiaro, il pavimento di un rosso spezzato e pallido, le sedie e il letto color giallo cromo, i cuscini e il lenzuolo verde limone chiarissimo, la coperta rosso sangue, la toeletta arancione, il catino azzurro, la finestra verde. Vede, avrei voluto esprimere un assoluto riposo con tutti questi toni così diversi, in cui di bianco non c’è che la piccola nota data dallo specchio con la cornice nera.”
I concetti che mi toccano di più in questa lettera sono quelli del “riposo assoluto” e l'elenco dei colori (in due frasi):
  • lilla
  • rosso
  • giallo cromo
  • limone verde
  • rosso sangue
  • arancione
  • azzurro
  • verde
  • bianco
  • nero
Una tavolozza di Van Gogh di cui abbiamo uno schizzo in una lettera di Vincent a Théo (L’Aia, 5 agosto 1882), scritta in lingua olandese © Van Gogh Museum, Amsterdam, Vincent van Gogh Foundation,



e che riprende i sei colori semplici descritti da Leonardo nel suo Trattato della Pittura (Codex urbinas, n° 1270), probabilmente iniziato verso il 1490, cioè circa 4 secoli prima, dove Leonardo definisce già dei colori primi e secondari:
“I semplici colori sono sei, de' quali il primo è bianco, (…) il giallo il secondo, il verde il terzo, l'azzurro il quarto, il rosso il quinto, il nero il sesto; ed il bianco metteremo per la luce senza la quale nessun colore veder si può, ed il giallo per la terra, il verde per l'acqua, l'azzurro per l'aria, ed il rosso per il fuoco, ed il nero per le tenebre, che stan sopra l'elemento del fuoco, perché non v'è materia o grossezza dove i raggi del sole abbiano a percuotere, e per conseguenza illuminare.

I sei colori semplici secondo Leonardo
Quando i geni s'incontrano... Perché di certo, Van Gogh era un genio, ne era consapevole, ma purtroppo non è stato mai riconosciuto in vita e non ha conosciuto il riposo assoluto che nella sua tomba ad Auvers-sur-Oise, accanto al suo amato fratello. Sfortunatamente, il seme doveva morire affinché il frutto potesse schiudersi post-mortem.



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2. La stanza da letto di Anna ad Amsterdam

Nel suo diario, Anna spiega come ha dovuto finalmente condividere questa stanza, inizialmente prevista per accogliere lei e sua sorella, Margot, con Fritz Pfeffer (pseudonimo di Albert Dussel), in una convivenza difficile: “Nella mia parte di stanza non sono quasi mai sola, eppure lo desidererei tanto. Questa è anche la ragione per cui scappo così spesso in solaio.”

Una stanza nella quale si sente alle strette: “Vado quasi ogni mattina nel solaio per liberarmi i polmoni dall'aria viziata della stanza.”

Anna descrive l'alloggio segreto, o “retrocasa” (Het Achterhuis), in questo modo:
“L'alloggio, come nascondiglio, è l'ideale. Sebbene sia umido e sbilenco, credo che ad Amsterdam, e forse in tutta l'Olanda, non abbiano mai costruito niente di più comodo per chi abbia bisogno di nascondersi. La nostra cameretta, coi suoi muri nudi, era assai disadorna; grazie al babbo che fin da prima aveva portato qui la mia collezione di stelle del cinema e di cartoline illustrate ho trasformato la stanza, dopo averne spennellato di colla le pareti, in una fitta mostra di figurine. Così ha un'aria molto più allegra…”

Ecco la spiegazione dell'“arazzo” realizzato con “stelle del cinema e cartoline illustrate”, tratte in particolare dalla rivista Cinema & Theater, che il signor Kugler gli portava ogni lunedì. Sulla parete di sinistra si trova anche l'autoritratto di Leonardo:


Dialogando nel suo diario con Kitty, la sua amica immaginaria, Anna aggiunge:
Ti interesserà sapere come mi trovo nel mio nascondiglio; ebbene, posso soltanto dirti che neppure io ancora lo so. Credo che in questa casa non mi sentirò mai a mio agio. Non voglio dire con ciò di trovarmi male qui; mi sembra piuttosto di essere in vacanza in una pensione alquanto singolare. È un modo un po' strambo di considerare il nostro occultamento, ma davvero non riesco a sentirlo diversamente.
Posso facilmente immaginare che se Anna avesse avuto a sua disposizione colori oppure immagini colorate durante i suoi due anni di clandestinità (dal 6 luglio 1942 al 4 agosto 1944, giorno in cui fu denunciata e della retata in casa Frank), avrebbe potuto decorare “questo interno spoglio” per fare della sua stanza una camera "alla Vincent", piena di entusiasmo e di voglia di vivere come lo era!

So quello che voglio, ho uno scopo, un'opinione, una fede e un amore.

Lei stessa voleva pubblicare il suo diario dopo la guerra, dopo aver sentito, “alla radio di Londra, il ministro dell'Istruzione del governo olandese in esilio dire che dopo la guerra sarebbe stato necessario raccogliere e pubblicare tutto ciò che riguardava le sofferenze del popolo olandese durante l'occupazione tedesca, ed in particolare i diari.”

Ma sarebbe stata riconosciuta in vita, ed il suo diario avrebbe avuto lo stesso pubblico in tutto il mondo, oppure sfortunatamente, come nel caso di Vincent, il seme doveva morire affinché il frutto potesse schiudersi post-mortem?

Dopo aver attraversato Auschwitz, l'inferno ben organizzato, Anna e sua sorella, Margot, contrassero il tifo a Bergen-Belsen, l'inferno del caos. Margot morì probabilmente nel febbraio del 1945 e, pochi giorni dopo, tra fine febbraio ed inizio di marzo, fu Anna a morire, oramai sola, stremata e disperata.

Eppure, il 3 maggio 1944 si confidava, ancora piena di speranza:
Sono giovane e posseggo molte virtù ancora nascoste, sono giovane e forte e vivo questa grande avventura, ci sono in mezzo e non posso passar la giornata a lamentarmi. La natura mi ha favorito dandomi un carattere felice, gioviale ed energico. Ogni giorno sento che la mia mente matura, che la liberazione si avvicina, che la natura è bella, che la gente attorno a me è buona, che quest'avventura è interessante e divertente!
Perché dunque dovrei disperarmi?
Anna non aveva ancora compiuto 16 anni quando il suo corpo e quello di Margot finirono probabilmente nella fossa comune del campo di concentramento, liberato il 12 aprile 1945 dalle truppe inglesi. Ancora poche settimane e forse sarebbe sopravvissuta... Ma che senso avrebbe di riscrivere la storia del mondo?



Concluderò questo post con queste parole di Olivier Ertzscheid:
Per questo testo, per questa testimonianza, per quello che rappresenta, per tutto quello che ci permette di non dimenticare e per quello che permetterà a tanti lettori di costruire e comprendere, rimango convinto che non ci sia altra lotta da combattere se non quella della sua liberazione, che non ci sia nessun altro tributo da pagare se non quello della sua illimitata condivisione, nessun altro posto da concedergli se non quello che gli appartiene di diritto, lasciandolo “elevarsi oggi al pubblico dominio”.
Infatti, nell'anno in cui il Mein Kampf dell'altro pazzo è diventato di pubblico dominio, è ancora paradossale, triste e scandaloso che il Diario di Anna Frank sia ancora protetto da copyright. E non è certo questo il modo migliore per rendere omaggio a questa adolescente, alla sua memoria e, attraverso di lei, alla memoria di milioni di vittime sconosciute rimaste senza voce.


P.S. Per finire da dove ho cominciato, ecco una foto della nostra stanza d'albergo ad Amsterdam:


Dimenticavo un ultimo aneddoto che mi aveva colpito: quando abbiamo fatto una gita in barca sui canali della città, il discorso registrato nelle diverse lingue si è soffermato per un attimo sulle personalità di Amsterdam più famose del mondo, tra cui il primo personaggio citato non era né Vincent Van GoghJohann Cruyff, bensì Anna Frank!

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P.S._2: potrei anche aggiungere un'altra stanza, quella di Van Gogh nell'Auberge Ravoux d'Auvers-sur-Oise, dove morì e che è sempre rimasta come l'ha lasciata: